Darwinismo digitale nell’informazione mainstream

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Das Internet (Dennis Skley)

Pubblicata in questi giorni la ricerca dell’Ordine dei giornalisti sull’impatto dell’economia digitale nelle redazioni dei giornali, presentata in occasione di Digit2014. Rapporto da consultare, così come i resoconti delle tavole rotonde che si sono tenute durante l’evento.

Il punto di partenza è offerto da Pierluca Santoro (qui, via DatamediaHub), che mette a confronto i media specialist più influenti in Italia sul rapporto tra giornalismo e nuove tecnologie.

Le opinioni e le relative conclusioni sono diverse, influenzate dalla formazione personale degli intervistati. L’invito è alla lettura, ma posso anticipare il filo conduttore che unisce Quintarelli, Maistrello e compagnia: il cambiamento. Osservazione per nulla banale, anzi non ancora metabolizzata dalla moltitudine degli addetti ai lavori. Siano essi antichi seguaci della carta o digital adopter (sì, pure loro).

Sono convinto che le aziende editoriali non moriranno. Neppure diventeranno artigianali, come dice qualcuno. Semplicemente faranno altri lavori. All’informazione – sulla quantità e qualità occorre aprire un altro capitolo – si affiancheranno attività aggiuntive, spalmate su diverse piattaforme. Shopping center, creazione di content per conto terzi, servizi. E infine pubblicità – tanta – declinata nelle forme più variegate. Per ora saldamente ancorate all’abisso delle pagine viste.

Piaccia o no, il modello di business digitale resta il traffico. Tema che apre le porte sulla qualità dell’informazione. Forse deformato dal decennale lavoro sui portali e sui media sociali, l’ottimismo di alcuni sul rinascimento prossimo venturo del giornalismo lo trovo abbastanza fuori luogo. Vedo – su questo fronte – un aggregarsi mainstream di ogni piattaforma, con l’altimetro decisamente puntato verso il basso.

Probabilmente si andrà modellando un giornalismo di qualità (sicuri che sia esistito così duro e puro in Italia?), ma sarà una parte delle offerte “freemium”. Nella migliore delle ipotesi.

Direzione che porterà a una selezione naturale, con variabili più o meno accentuate, segnata dalla meritocrazia. Il resto, gli altri, quelli che fanno il mestiere di scrivere dovranno armarsi di pazienza, imparare nuove modalità d’uso della parola, in grado di interfacciarsi con l’ecosistema iperdigitalizzato. Alla fine “data journalism”, “native advertising” e “mobile app” vuol dire questo.

Fabio Cavallotti
@maggiorano

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